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Nazario Pardini su Ivan Pozzoni

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COMMENTI DI NAZARIO PARDINI

 

     Poesia ampia, aperta, orizzontale, nuova, di rottura, post-moderna o tardo-moderna, del filone neoNavanguardista che azzarda iperbolici sguardi verso contenuti planati in dismisure che oltrepassano l’ordine armonico. Qui la parola s’intreccia in strutture ipermetriche, o in assoli, per raffigurare quadri che frantumano gli schemi spazio-temporali. Quegli schemi di altro tipo di poesia tesa al fugit, al memoriale, allo sguardo del giorno che passa, a fare del naturismo un aveu indirecte esistenziale con una sonorità ligia al rispetto dell’a capo per il suo procedere. Non può non venire a mente, leggendo Pozzoni, l’Ars Poetica  di Czesław Miłosz:

«Ho sempre aspirato a una forma più capace,

che non fosse né troppo poesia né troppo prosa

e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,

né l’autore né il lettore, a sofferenze insigni […]

Una forma ampia dunque che consenta l’ingresso nella forma-poesia della forza rigenerante della “prosa”. Miłosz caldeggia una nuova poesia che sia al contempo riflessione sulla storia e una selezione di immagini povere, prosaiche» (da: Giovanna Tomasucci: Commento su Intervista a Giorgio Linguaglossa, di Ambra Simeone). Sì, piccoli fatti, piccoli avvenimenti, grandi temi: gli elementari accidents del vivere, un minimalismo che fa di questo poetare un oggettivismo realistico, o un realismo minuzioso che tradisce ogni forma di misticismo spiritualistico, di solipsismo lirico, o di egotismo espressivo. Di quegli assoli spersi in vertigini paniche in cui l’ordine è determinato da refrain di armoniche armonie. Quindi, dire che ci si contrappone con nettezza ed intenzionalità agli schemi di una letteratura di italiana memoria; che ci si accosta con una ricerca attenta, anche se con differenti venature da poeta a poeta, all’uso lessico-contenutistico-innovativo del poema anglosassone; dire questo, credo non sia sbagliato: un dilagare della poesia in ampiezze che tocchino la coda di un prosastico fluire, dove le sinestesie, gli anacoluti, le paronomasie e gli stilemi confluiscano in un oggettivismo che escluda immissioni di sollecitazioni mnemoniche, ove vagiscono gli autunni o sorridono sprazzi di antiche primavere. E in questa novità di far poesia (o di far non-poesia) non sono rare impennate di vera sostanza e potenzialità creativa. Con cui il poeta, ribelle e controcorrente, concretizza la sua identità anticonformista e denunciataria, in nessi verbali crudi, ed efficaci e, non di rado, originali [commento a miei testi scelti da Nazario Pardini sul blog Alla volta di Leucade].

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